BIODIESEL E INQUINAMENTO AMBIENTALE

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Il biodiesel è un biocombustibile, cioè un combustibile ottenuto da fonti rinnovabili, quali oli vegetali e grassi animali, analogo chimicamente al gasolio derivato dal petrolio. E’ trasparente e di colore ambrato; viene ottenuto interamente da olio vegetale come quello di semi usato in cucina.

Ovviamente non è semplice la preparazione di questo carburante, infatti una corretta produzione richiede molta precisione e diversi passaggi. La transesterificazione è la trasformazione di un estere in un altro estere per reazione con un alcol. La transesterificazione viene utilizzata per produrre “biocarburanti”, un esempio è quella con il metanolo: Il sottoprodotto principale della trasformazione dell’olio in biodiesel, ottenuto dal processo di transesterificazione, è la glicerina. La glicerina è ottenuta in soluzione acquosa in cui è presente anche una piccola frazione di acidi grassi che normalmente vengono eliminati con acido cloridrico. In seguito, attraverso una fase di concentrazione si ottiene glicerina grezza che viene: separata per sedimentazione; neutralizzata con una quantità opportuna di acido per eliminare il catalizzatore (i catalizzatori sono sostanze che abbassano l’energia di attivazione quindi è più semplice che avvenga una reazione); distillata per recuperare la frazione di metanolo ancora presente. La glicerina si utilizza nell’industria farmaceutica come solvente e come supporto umido nella produzione di pastiglie. Nell’industria del tabacco viene utilizzata per preservare il prodotto dall’essiccazione mentre in quella alimentare viene utilizzata per la produzione di sciroppi, bibite, prodotti da forno, conservazione della frutta e degli ortaggi. Nel laboratorio del Biennio di Chimica una delle esercitazioni che viene fatta svolgere agli studenti riguarda appunto la produzione di biodiesel. Il gruppo di lavoro deve essere molto ben organizzato e gli studenti devono avere una certa manualità con gli strumenti e le sostanze da utilizzare. Durante l’esperienza i ragazzi hanno utilizzato il metodo del bagnomaria che consiste nell’immersione delle provette in un becker, contenente acqua, messo poi sul fuoco di un bunsen. La reazione richiede tempi lunghi (trenta-quaranta minuti), ma è molto usata perché consente di avere un maggior controllo sul grado di riscaldamento dei composti che altrimenti patirebbero degli sbalzi di calore violenti. Al termine dei trenta minuti l’esperienza è conclusa con la produzione del biodiesel. Il biodiesel ha un numero di Cetano superiore a quello del gasolio (il numero di Cetano fa in modo che il biodiesel e il semplice gasolio detonino per compressione vista la mancanza della candela dei motori diesel); esso si incendia quindi più facilmente quando viene iniettato nel motore. Contrariamente al gasolio, è biodegradabile e non tossico, e riduce significativamente le emissioni tossiche quando viene bruciato come combustibile, infatti non si formano idrocarburi incombusti HC e monossidodi carbonio CO, ma rispetto al diesel normale si hanno più emissioni di ossidi di azoto NOx. Il particolato, raggiunge direttamente gli alveoli polmonari e gli effetti sulla salute umana sono molto diversificati e studiati con particolare attenzione in quanto provocano irritazione agli occhi, ai rivestimenti cutanei ed alle prime vie respiratorie, inoltre sono cancerogeni per l’uomo. Gli effetti del monossido di carbonio sull’uomo sono dovuti all’elevata affinità che questo gas dimostra nei confronti dell’emoglobina con formazione della carbossiemoglobina estremamente stabile. La progressiva formazione di COHb dipende dalla durata di esposizione al CO e dalla concentrazione del gas inalato. In questo modo l’emoglobina non è più in grado di captare e trasportare l’ossigeno: il risultato è il manifestarsi dell’ipossia anemica. La persona colpita non riesce a rendersi conto delle condizioni del suo stato. Questo può generare una sopravvalutazione delle proprie ridotte capacità percettive e ciò può essere anche fatale. I primi tessuti a risentire della mancanza o del calo di ossigeno sono i tessuti nervosi, in particolare il cervello, l’apparato visivo e quello uditivo; lo scarso apporto di ossigeno al cervello provoca una percezione sbagliata dei colori e un restringimento del campo visivo, oltre che una perdita della visione centrale. Inoltre il soggetto colpito da ipossia difficilmente è in grado di capire i sintomi che il corpo gli sta mandando perché percepisce l’aria che respira, priva di ossigeno, esattamente come l’aria con ossigeno. Gli ossidi di azoto da soli non sono nocivi, ma quando sono esposti ai raggi del sole si combinano con gli idrocarburi incombusti e formano lo smog fotochimico dal caratteristico colore che va dal giallo-arancio al marroncino. Per quanto riguarda gli effetti sulla salute dell’uomo il biossido di azoto esercita il suo effetto tossico principalmente sugli occhi, sulle mucose e sui polmoni (si ritiene che aggravino le condizioni dei malati di asma). Con l’umidità atmosferica si possono formare piogge acide. Purtroppo una difficoltà della produzione del biodiesel consiste nel fatto che vengono utilizzati cereali, il cui costo aumenta spaventosamente per via della richiesta. Questo è un grosso problema per i paesi più poveri che li utilizzano come alimento principale. Anche le alghe marine possono essere utilizzate per produrre una quantità enorme di biodiesel: con un ettaro, cioè 10.000 mq, di alghe se ne possono produrre 40.000 l. Per rendersi conto della convenienza del biodiesel si può fare un semplice esempio: per produrre 40.000 l di benzina sono necessari 400.000 l di petrolio mentre la produzione di 40.000 l di biodiesel richiedono 64.000 l di olio con metanolo (53.333 l per il primo e 10.667 l per il secondo). Quindi per produrre lo stesso quantitativo di benzina è essenziale avere una quantità sei volte superiore della materia di base rispetto a quella del biodiesel.

Luca Mattio, Federico Revelli 2^ O