Esce il numero di “GraffITIS” del mese di marzo. È sempre un gradito incontro con il nostro “Giornalino” d’Istituto ricco di interessanti notizie che i nostri alunni e alunne scrivono con impegno e vivacità. A tutti loro la mia gratitudine e la mia riconoscenza per l’ammirevole opera svolta con generosità: bravi! Vi propongo due riflessioni che possono essere di aiuto per la vostra crescita umana. “L’uomo passa la sua vita a ragionare sul passato, a lamentarsi del presente, a tremare per l’avvenire”.
Antonie De Rivarol. Non è mai un male riflettere sul tempo. Siamo ininterrottamente sospesi tra la nostalgie del passato che è ormai solo ricordo e l’incertezza di un futuro non privo di sorprese, di enigmi forse di qualche disappunto. Il presente, è di solito, la stanza ove ci si lamenta. E’ ciò che puntualizza nella frase lapidaria sopracitata un brillante e critico scrittore francese del Settecento Antoine De Rivarol. La tridimensionalità del tempo è da sempre oggetto di riflessioni; anche il tempo in sé considerato è stato sottoposto a serrate analisi filosofiche. Ciò che, però, tutti sperimentiamo è la sua fluidità inarrestabile: molti ricorderanno il lamento delle “Odi” di Orazio: “Ahimè, fuggevoli scorrono via gli anni” e il poeta latino continuava ammonendo che “le preghiere non possono fermare le rughe e il tempo incombente che passa. Ciò che viene sottolineato da De Rivarol è, però l’incapacità dell’uomo a vivere in pienezza del tempo accettando nella sua realtà. Sul passato si recrimina perché lo si è perso, oppure lo si rimpiange idealizzandolo. Il presente genera solo lamenti per la nequizia dei tempi; il futuro, proprio perché ignoto, ci spaventa. E’ paradossale, ma un sapiente biblico, il “Qohelet”, ci ha lasciato un prezioso consiglio per vivere questa realtà che aderisce intimamente a noi: “Ogni cosa ha il suo momento giusto, ogni evento ha il suo tempo sotto il sole”. Un’altra riflessione ci è data dal drammaturgo tedesco Gotthold Ephraim Lessing del Settecento: “Il valore dell’uomo non sta nella verità che qualcuno possiede o presume di possedere, ma nella sincera fatica compiuta per raggiungerla”. Nell’ “Apologia di Socrate” Platone mette in bocca al suo maestro questa frase: “Una vita senza ricerca non merita di essere vissuta”. La sapienza di tutte le civiltà ha sempre immesso nell’anima questo fremito: non si vive da persone vere senza la domanda sul senso dell’esistenza, senza orizzonti ignoti e trascendenti. Una delle grandi malattie spirituali del nostro tempo è proprio la caduta del desiderio di ricerca e di conoscenza. Ci si accontenta di luoghi comuni, degli slogan, dell’esperienza immediata e sensibile. Instillare già nei giovani il gusto alla riflessione, facendo loro capire che la ricerca è ben altro che navigare su internet è un’impresa ardua eppure necessaria. Non accontentiamoci di consegnare qualche “verità” preconfezionata, senza guardare verso gli spazi infiniti dell’anima e dell’essere. Buona Pasqua a tutti.
Il direttore di “GraffITIS” Professor Ezio Giovanni Mondino
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