L’Itis Delpozzo di Cuneo dice NO alla tratta delle donne

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No alle schiave di strada Giovedì 20 Aprile 2017 si è concluso all’Itis M. Delpozzo il 2° incontro con gli operatori del Servizio Antitratta della comunità Papa Giovanni XXIII istituita per aiutare le vittime della prostituzione a ribellarsi alla violenza a cui sono sottoposte.

I 150 studenti delle classi Quinte hanno conosciuto cosa ruota attorno a una ragazza di strada che molto spesso, con un sorriso di autoassoluzione, diciamo “professa il mestiere più antico del mondo”.  I racconti delle operatrici, Fabiana e Katy, hanno lasciato i ragazzi con il fiato sospeso: 9 ragazze su 10 sono vittime di organizzazioni criminali e mafiose che impongono loro con minacce, ricatti, violenze e persecuzioni di ogni tipo, di prostituirsi anche senza protezione, lungo punti ben definiti delle strade cuneesi e d’Italia.

Il 30% di loro sono minorenni a partire dai 12 anni: sono ragazze e bambine che vengono raggiunte nei loro poveri villaggi di origine, con false promesse: frequenza garantita della scuola, un lavoro ben retribuito, una vita più confortevole per la famiglia. A molte viene fatta una promessa di matrimonio, ma una volta espatriate non è così.

Nigeria, Romania, Albania sono le nazioni più colpite. Non è facile per gli operatori accattivarsi la fiducia delle ragazze: ha detto Katti, 15 anni di lavoro sulle strade tra Torino e Cuneo: “Sono molto controllate dai protettori e dalle madame, ovvero gli sfruttatori, che intervengono subito se notano movimenti contrari alle loro regole. Le ragazze di origine africana, prima di lasciare il paese, partecipano ad un rito wodoo effettuato dal corrotto stregone del posto, nel quale promettono fedeltà e restituzione della somma investista all’organizzazione che le tratta. Una cifra che di solito si aggira tra i 30 e 80 mila euro”.

Blessing, una vittima scappata, che ha avuto il coraggio di parlare di fronte agli studenti, ha confessato che a lei e alle sue compagne “Fa schifo e orrore concedersi ai clienti, mai avrebbe voluto perdere la sua verginità come schiava, oggetto di stupri e violenze ripetute per anni”. Proprio l’incontro con la sofferenza nascosta di queste ragazze ancora bambine a cui viene calpestato il diritto ad essere donne è ciò che manca nell’immaginario collettivo, specie maschile.

Torture di vario tipo come l’obbligo a prostituirsi anche per 22 ore consecutive per più giorni, imposizione a non usare protezioni perché all’uomo piace di più o rimanere senza mutande per attrarre maggior numero di clienti, restare senza cibo per punizione per non aver racimolato la somma dovuta, gravidanze non desiderate, aborti a tutti i mesi di gravidanza indotti con farmaci non idonei e metodi selvaggi che provocano sofferenze indicibili e conseguenze come la malattia psichica, la sterilità permanente o anche la morte. Morte di cui nessuno si accorge poiché non c’è alcuna anagrafe.

Anche quando la vittima decide di scappare la sofferenza si manifesta attraverso incubi, paure, diffidenza verso chiunque per anni, percezione dissociata di sé e del proprio corpo, vergogna per quanto accaduto. “Da tutto questo – ha detto Katti- nasce l’urgenza di lottare per la loro liberazione e di denunciare l’ingiustizia perpetuata. Il recupero della propria personalità non è facile, ma è possibile e in molti casi le ragazze riprendono a dedicarsi ai loro progetti e sogni di studio e lavoro, reinserendosi nella società anche formando una famiglia”.

In Italia sono circa 120.00 le vittime per soddisfare le richieste di più 9 milioni di clienti di cui almeno 2,5 milioni sono abituali. Se si pensa che in Italia ci sono 60 milioni di abitanti e che 30 mil. sono maschi, tolti i minorenni, un uomo su tre abusa di queste ragazze almeno una volta nella vita. Il 70% chiede prestazioni non protette, Il 5%dei clienti sono pedofili chiedono e ricercano minori che sulle nostre strade sono circa il 37%. Il 6% sono maltrattanti e violenti, 56% proviene dal ceto alto, il 43% sono tra i 40-50 anni, il 77% sono sposati e padri di famiglia: “Li vediamo arrivare coi seggiolini in auto”, testimonia Fabiana. Una dichiarazione che ha fatto molto riflettere gli studenti presenti.

Tra i 9 milioni di clienti il 65% organizza almeno una volta nella vita un viaggio a scopo sessuale. Le mete più gettonate sono Kenya, Santo Domingo, Colombia e Brasile. Gli italiani sono al primo posto tra i turisti sessuali seguiti poi da Germania, Giappone, Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Cina. La legislazione in Italia, sottolinea Erio Ambrosino impegnato con la propria famiglia nell’accogliere le vittime della tratta, interviene quando c’è la segnalazione che in strada c’è una minorenne o se si è colti in fragrante. C’è espressamente il reato di favoreggiamento e induzione alla prostituzione ma le indagini sono difficili. Le nazioni che hanno tollerato e regolamentato la prostituzione hanno peggiorato la situazione: la Germania prima della regolamentazione contava 120.000 vittime ora ne conta 450.000 tutte legate alle organizzazioni criminali; di queste vittime solo 44 compilano la denuncia dei redditi. La stessa cosa accade in Gran Bretagna e in Olanda. Invece sono diversi i risultati dei paesi come la Francia, la Norvegia, che hanno adottato la punizione sul cliente: in 2 anni la tratta è diminuita del 65% e il gradimento alla legge da parte della popolazione è passato dal 30% al 70%.

Molte le domande degli studenti rivolte agli operatori tra cui se non avessero paura di operare e se non fosse accaduto a loro qualcosa: non è mai accaduto nulla in 15 anni, rassicura Katti, perché lavoriamo in concerto con la polizia che sa sempre dove siamo e poi ci seguono dei ragazzi che conoscono i movimenti della malavita e ci avvisano subito quando è meglio allontanarsi.

Quasi tutti i 150 studenti hanno voluto lasciare un messaggio scritto agli intervenuti: “Un incontro molto utile e interessante; credevo di sapere ma non era così. Molte volte con gli amici le urliamo contro ma ora credo proprio di smettere sapendo quello che stanno passando”; “E’ ammirevole il lavoro che fate, fa piacere che ci siano persone e associazioni che si occupano di questo”; ”Non è mai troppo tardi per cambiare la propria vita anche di fronte a un male così grave”. Molti studenti hanno chiesto se potevano fare qualcosa. La cosa che possiamo fare tutti subito, dice Erio, è di porre la propria firma per la campagna “Questo è il mio corpo” per la liberazione delle vittime di tratta e sfruttamento, promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII.

Per chi ha più tempo le operatrici invitano a far parte delle unità che operano in strada a Cuneo e a Torino. Al termine un gruppo di studenti si accordano per uscire con gli operatori e poter contribuire a far vivere diritto e giustizia.

E’ stata un’iniziativa nuova all’itis, ha sottolineato il Preside, dott. Ivan Re, che si inserisce nelle attività che aiutano gli studenti a diventare cittadini consapevoli e attivi nel sociale.

[leggi l’articolo su TargatoCN.it del 25 aprile 2017]