In una ricerca che gli valse il premio Nobel 1982 per la medicina (for their discoveries concerning prostaglandins and related biologically active substances insieme a Sune K. Bergström e Bengt I. Samuelsson), il londinese John Vane dimostrò i meccanismi dell’organismo umano che bloccano la produzione delle prostaglandine e dei trombossani ad opera di un’inibizione enzimatica.
L’inibizione avviene perché l’enzima cicloossigenasi – coinvolto nella loro sintesi – viene irreversibilmente acetilato, appunto, ad opera di una reazione coinvolgente l’acido acetilsalicilico, rendendolo non più solido. I trombossani sono coinvolti nel processo di coagulazione del sangue, essenziali quindi per l’emostasi. Gli attacchi cardiaci sono principalmente dovuti all’ostruzione dei vasi sanguigni da parte di grumi di sangue coagulato. L’uso di una piccola quantità di aspirina quotidianamente porta ad una riduzione del numero dei coaguli: molti farmaci costituiti da pasticche da 100 mg di aspirina (Cardioaspirin) sono infatti somministrati ad una parte delle persone anziane, soprattutto cardiopatici, con lo scopo di prevenire un’ostruzione arteriosa dovuta a formazione di trombi e in prevenzione secondaria, cioè dopo un evento come infarto del miocardio o sindrome coronarica acuta. Nella prevenzione primaria, cioè in persone che non hanno avuto eventi cardiovascolari, non è al momento consigliata, poiché, a fronte di una riduzione di Infarto Miocardico non fatale, l’assunzione non porta ad una riduzione della morte cardiovascolare totale, ma incrementa invece i sanguinamenti clinicamente importanti. Bisogna ricordare che l’effetto collaterale più importante è una minore capacità del sangue di coagularsi, che si traduce in un’emorragia più abbondante in determinate situazioni, che possono essere legate anche alla ben nota gastrolesività del farmaco (da solo o in associazione). In Italia la donazione del sangue è consentita solo se sono passati almeno 5-7 giorni dall’ultima assunzione del farmaco. Ricerche più recenti hanno dimostrato che esistono due tipi di cicloossigenasi (COX-1 e COX-2). L’aspirina li inibisce entrambi. La COX-1 è presente nelle piastrine e, venendo acetilata, subisce una inattivazione irreversibile; la COX-2 si trova principalmente nelle cellule endoteliali e, essendo queste ultime provviste di nucleo, la neosintesi è possibile. L’uso di aspirina inibisce quindi la formazione di trombossani da parte della COX-1, mentre la sintesi di prostaglandine e prostacicline si ristabilisce abbastanza rapidamente, spostando la bilancia trombotica verso l’antiaggregazione piastrinica. L’aspirina è quindi normalmente usata nelle patologie trombotiche come antiaggregante e viene chiamata Cardioaspirin. Sono stati messi a punto nuovi farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) – chiamati “inibitori selettivi della COX-2” (“Coxib”)- con la speranza che presentino ancor più ridotti effetti collaterali a carico del sistema gastro-intestinale. Si è visto che la riduzione della gastrotossicità è marcata. D’altro canto, con la COX-2 inibita, aumenta la sintesi di trombossani da parte delle piastrine, tramite la COX-1 ancora attiva. Questo sposta la bilancia trombotica verso l’aggregazione piastrinica, favorendo il formarsi di coaguli e l’instaurarsi di patologie cardiovascolari gravi. Questo tipo di farmaco viene utilizzata in terapia solo dietro prescrizione medica e solo qualora il medico curante lo ritenga strettamente necessario (vedi Etoricoxib e Celecoxib). Francesco Sepe, Luca Arnaudo 4^ F
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